L’ Adunanza Plenaria, in una delle sue più importanti pronunce in tema di diritto processuale amministrativo, dichiara che il giudice sia tenuto a rispettare l’ordine dei motivi come proposti dal ricorrente, in virtù del principio dispositivo e del canone di effettività della tutela.
Nello specifico, nella pronuncia 5/2015, il collegio è chiamato a dirimere un contrasto giurisprudenziale, per smentire l’orientamento che affermava la potestà del giudice di individuare l’ordine dei motivi, sulla base della loro consistenza oggettiva e del rapporto esistente fra gli stessi sul piano logico giuridico. Tale filone giurisprudenziale, che si rifaceva alla pronuncia dell’Cons. Stato, Ad. Pl. 9/2014, riteneva quindi, che “il giudice ha il dovere di decidere la controversia secondo l’ordine logico che, di regola, pone la priorità della definizione delle questioni di rito rispetto a quelle di merito e, fra le prime la l’accertamento sulla presenza dei presupposti processuali rispetto alle condizioni dell’azione”.
L’Adunanza, nella pronuncia su indicata, afferma invece che “nei processi connotati dalla parità delle parti e principio dispositivo, l’ordine dei motivi vincola il giudice”. Pertanto, la graduazione impedisce al giudice di passare all’esame di vizi e motivi subordinati risultando un limite per il collegio giudicante che dovrà pronunciarsi su tutte le domande proposte e per intero, prescindendo dall’ordine logico delle medesime e dalla loro pregnanza.
Il collegio, però, espone che il giudice, può non tenere conto della graduazione proposta dal ricorrente: per espressa previsione di legge, evidenti e ineludibili ragioni di ordine logico-pregiudiziale, ragioni di economia processuale.
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