Il TAR Trento, con sentenza n. 259/2018, ha disposto l’illegittimità dell’esclusione dalla gara della ricorrente per mancata dichiarazione del produttore attestante la conformità dei prodotti ai requisiti del capitolato tecnico.
I giudici, infatti, pur valutando positivamente le precauzioni adottate dall’amministrazione resistente, ritengono illegittimo il provvedimento di esclusione della società ricorrente.
Nello specifico, il Tar rileva che «un dispositivo medico per essere immesso in commercio deve preventivamente ottenere la marcatura CE, che viene rilasciata solo se il dispositivo possiede i requisiti essenziali di cui all’Allegato I al decreto legislativo n. 46/1997. (…) l’Allegato I al decreto legislativo n. 46/1997 precisa che “i dispositivi devono essere progettati e fabbricati in modo che la loro utilizzazione non comprometta lo stato clinico e la sicurezza dei pazienti, né la sicurezza e la salute degli utilizzatori ed eventualmente di terzi, quando siano utilizzati alle condizioni e per i fini previsti, fermo restando che gli eventuali rischi debbono essere di livello accettabile, tenuto conto del beneficio apportato al paziente, e compatibili con un elevato livello di protezione della salute e della sicurezza” (paragrafo 1)».
In ogni caso, secondo l’art. 6 del decreto legislativo n. 46/1997 si presume conforme ai requisiti essenziali di cui all’art. 4 «il dispositivo fabbricato in conformità delle norme tecniche armonizzate comunitarie e delle norme tecniche nazionali che le recepiscono», mentre ai sensi dell’art. 5, comma 1, «è consentita l’immissione in commercio e la messa in servizio, nel territorio italiano, dei dispositivi recanti la marcatura CE di cui all’articolo 16 e valutati in base all’articolo 11».
Pertanto, il fabbricante per produrre un dispositivo medico conforme al decreto legislativo n. 46/1997 e ottenere la relativa marcatura CE, funzionale all’immissione in commercio dello stesso, deve dimostrare che il prodotto ed il relativo processo produttivo sono conformi ai requisiti essenziali di cui al suddetto Allegato I.
Spetta, dunque, al fabbricante accertare la conformità del suo prodotto ai predetti requisiti essenziali e, a tal fine, il fabbricante può far riferimento alle c.d. norme tecniche armonizzate, che «riflettono lo stato dell’arte relativamente alle conoscenze in un determinato settore»; tali norme tecniche, quindi, non hanno carattere prescrittivo, ma il rispetto delle stesse «assicura … una presunzione di conformità, che invece il fabbricante dovrà compiutamente dimostrare nel caso in cui non le abbia prese a riferimento». A fronte di tale particolare rilievo assume l’art. 7 (rubricato «Clausola di salvaguardia») del medesimo decreto legislativo, il quale dispone, al comma 1, che il Ministero della salute, «quando accerta che un dispositivo di cui all’articolo 5, commi 1 e 2, lettera b), ancorché installato e utilizzato correttamente secondo la sua destinazione e oggetto di manutenzione regolare, può compromettere la salute e la sicurezza dei pazienti, degli utilizzatori o di terzi, ne dispone il ritiro dal mercato a cura e spese del fabbricante o del suo mandatario, ne vieta o limita l’immissione in commercio o la messa in servizio, informandone il Ministero dello sviluppo economico. Il Ministero della salute comunica, immediatamente i provvedimenti adottati alla Commissione delle Comunità europee, indicando in particolare se la non conformità del dispositivo al presente decreto deriva: a) dalla mancanza dei requisiti essenziali di cui all’articolo 4; b) da una non corretta applicazione delle norme tecniche di cui all’articolo 6; c) da una lacuna delle norme tecniche indicate all’articolo 6».
Quanto poi agli effetti della dichiarazione di conformità dei dispositivi medici ai requisiti essenziali previsti dal decreto legislativo n. 46/1997 e alla funzione che la procedura di salvaguardia di cui all’art. 7 di tale decreto legislativo assolve nell’ambito della disciplina dei dispositivi medici, particolare rilevo assume la sentenza dalla Corte di Giustizia UE 14 giugno 2007, n. 6. La Corte ha ricordato che i dispositivi medici «una volta che siano conformi alle norme armonizzate e certificati seguendo le procedure previste da tale direttiva, devono presumersi conformi ai summenzionati requisiti essenziali e, di conseguenza, devono essere considerati adeguati all’uso cui sono destinati».
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