Il TAR Catania, con sentenza n. 2174/2024, dispone che l’istituto della cooptazione non può trovare applicazione nel caso di appalti concernenti beni culturali ed archeologici: esclusa l’impresa che aveva cooptato una ditta non in possesso della categoria.
La giurisprudenza amministrativa ha chiarito come l’istituto della cooptazione – previsto dall’art. 68, comma 12 del d.lgs. 36/2023 si caratterizzi per la sua specialità nel sistema degli appalti pubblici, giacché abilita un soggetto, privo dei prescritti requisiti di qualificazione (e, dunque, di partecipazione), alla sola esecuzione dei lavori nei limiti del 20%, così derogando alla vigente disciplina in tema di qualificazione SOA, ma non quanto si tratti di lavori su beni culturali e archeologici.
Con la sentenza in commento il Tar Catania ha statuito che i contratti concernenti i beni culturali tutelati ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, nonché relativi all’esecuzione di scavi archeologici, anche subacquei di cui al Titolo III della Parte VII del d.lgs. n. 36/2023, il principio di concorrenza e del conseguente favor partecipationis è in parte attenuato alla luce del bilanciamento con gli interessi di cui all’art. 9 Cost., cosicché soltanto le imprese appositamente specializzate possono intervenire direttamente su tali beni.