Appalti pubblici – Sui limiti del cumulo alla rinfusa

Il T.A.R. Lombardia, con sentenza n. 397 del 2023, ha fornito alcuni rilevanti chiarimenti in merito alle modalità di dimostrazione dei requisiti di partecipazione da parte dei consorzi stabili, con particolare riguardo al principio del cumulo alla rinfusa.

Come noto, dal rapporto organico tipico dei consorzi stabili si faceva generalmente discendere la possibilità per il consorzio di poter spendere in sede di qualificazione i requisiti propri delle singole consorziate, tramite il cosiddetto “cumulo alla rinfusa”.

La ratio sottesa a tali forme di aggregazione soggettiva era, evidentemente, costituita dalla possibilità di cumulare i requisiti delle consorziate in capo al consorzio poggiando direttamente sul patto consortile e sulla comune causa mutualistica.

Come noto, il delineato impianto normativo è stato interessato dall’art. 1, comma 20, lett. l), n. 1, del D.L. 32/2019, che nel modificare l’art. 47 del D.Lgs. 50/2016, recante “Requisiti per la partecipazione dei consorzi alle gare”, ha previsto che i requisiti di idoneità tecnica e finanziaria per l’ammissione alle procedure di affidamento dei consorzi di tipo stabile, devono essere “posseduti e comprovati dagli stessi” con le modalità previste dal codice, “salvo che per quelli relativi alla disponibilità delle attrezzature e dei mezzi d’opera, nonché all’organico medio annuo, che sono computati cumulativamente in capo al consorzio, ancorché posseduti dalle singole imprese consorziate”.

In altri termini, a parere del TAR Lombardia, il D.L. 32/2019 ha circoscritto l’efficacia del principio del cumulo alla rinfusa, ad oggi operante con esclusivo riferimento alla disponibilità delle attrezzature e dei mezzi d’opera, nonché all’organico medio annuo.

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