Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 9965 del 2017, hanno qualificato come contratto di appalto (e non come concessione di pubblico servizio), quel contratto in cui l’attività svolta è integralmente remunerata dal canone versato dal Comune e nessuna somma è versata direttamente alla società dagli utenti. La competenza giurisdizionale spetta, pertanto, in via esclusiva al giudice amministrativo.
Il proprium della concessione stà nella somministrazione del servizio a favore della generalità degli utenti e non solo alla pubblica amministrazione, nonché nella traslazione ad un soggetto privato della facoltà di esercizio del servizio, ferma restando la titolarità della funzione in capo all’Amministrazione concedente.
Secondo il diritto dell’Unione un appalto pubblico di servizi comporta, invece, un corrispettivo che è pagato direttamente dall’amministrazione aggiudicatrice al prestatore di servizi.
Ne deriva che, quando l’attività svolta è integralmente remunerata dal canone versato dal Comune e nessuna somma è versata direttamente alla società dagli utenti, in modo che sulla società non grava il rischio di impresa, il contratto va qualificato come appalto di servizi e non come concessione di pubblico servizio.
Qualificare il contratto e distinguere tra concessione di pubblici servizi e appalto di pubblici servizi, è indispensabile ai fini della identificazione della competenza giurisdizionale.