Concessioni e risoluzione del contratto: presupposti e limiti del recesso per sopravvenuto squilibrio economico-finanziario

Il TAR Firenze, con sentenza n. 15 del 2024, disponendo in materia di concessioni e risoluzione del contratto, definisce i presupposti e i limiti del recesso per sopravvenuto squilibrio economico-finanziario.

In particolare, il Collegio che il recesso del concessionario non può essere giustificato dalla sopravvenuta eccessiva onerosità della prestazione, che fonda semmai il diverso istituto della risoluzione ex art. 1467 c.c.

Allorquando il concessionario, infatti, intenda recedere allegando il sopravvenire di uno squilibrio economico, ai sensi dell’art. 165, comma 6, d.lgs. n. 50/2016, è suo onere dare prova tanto dello squilibrio stesso quanto del tentativo – fallito – di intessere trattative con il concedente al fine di ristabilire condizioni economiche tali da consentire la sostenibilità della concessione.

Peraltro, onde darsi adito al recesso, la parte pubblica deve positivamente accettare la sussistenza dei predetti elementi di significativo e non tollerabile squilibrio economico.

La necessità di intessere reali trattative al fine di salvare il rapporto contrattuale è ulteriormente confermata dalla disciplina speciale anti-Covid. L’art. 216 d.l. n. 34/2020, infatti, onerava i gestori degli impianti sportivi di domandare espressamente la revisione del piano economico-finanziario delle concessioni in essere prima di poter esercitare il diritto potestativo di recesso.

In un quadro più generale, può affermarsi che imporre alla parte privata di un tentativo di trattativa rientra nell’alveo di applicazione dei principi civilistici di c.d. buona fede oggettiva, ex artt. 1175 e 1375 c.c., secondo cui ciascun contraente è onerato dal fare quanto nella propria disponibilità per conservare in efficacia il rapporto negoziale e minimizzare per quanto possibile il sacrificio della controparte nella relativa esecuzione (sul punto vedasi ad esempio TAR per la Toscana, sez. II, 15 luglio 2020, n. 926 nonché TAR per il Lazio,  Roma, sez. II, 20 giugno 2018, n. 6898).

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