Il Consiglio di Stato, con sentenza n. 3487 del 2016, nel rigettare il ricorso proposto dagl’appellanti è tenace nel far chiarezza sul copioso tema dell’ abusivismo edilizio.
L’orientamento della Corte, in conformità alla normativa urbanistica vigente, continua ad essere granitico sul punto: una costruzione edificata senza il necessario titolo abilitativo è, con atto dovuto, sottoposta ad un ordine di demolizione. In una simile circostanza a nulla rileva, come nel caso di specie, né la presentazione di una domanda di condono edilizio -se successiva all’emanazione del provvedimento di demolizione-, né l’eventuale inosservanza dell’art. 7 della l. 24 del 1990 dal momento che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato, anche se fosse stato comunicato in maniera tempestiva ai destinatari.
Peculiare è inoltre, nella risoluzione della fattispecie, la posizione assunta dalla Corte nel calibrare il discrimen tra realizzazione di opere eseguite in assenza di concessione, in totale difformità o con variazioni essenziali -la cui disciplina inizialmente prevista dall’art. 7 dalla l. 47/85 fu poi successivamente abrogata dall’art. 136 del d.P.R. n. 380 del 2001 ed in seguito sostituita dall’art. 31 dello stesso d.P.R.- e semplici interventi di ristrutturazione edilizia -attualmente disciplinati dall’art. 33 del nuovo testo in materia d’edilizia dopo l’abrogazione ad opera dell’art. 136 del d.p.r. 380 del 2001 dell’art. 9 della l. 47/85 – per integrare i quali, chiariscono i giudici, è requisito fondamentale non realizzare un organismo diverso dal precedente e non alterare la volumetria di una struttura già esistente.
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