Il Consiglio di Stato, con sentenza n. 3382 del 2015, ha disposto, così come previsto dalla giurisprudenza comunitaria,(Corte giustizia UE, sez. III, 4 marzo 2015, n. 534, in applicazione della direttiva 2004/35/CE), che nell’ipotesi in cui sia impossibile individuare il responsabile della contaminazione di un sito o ottenere da quest’ultimo le misure di riparazione, non sia prevista alcuna responsabilità in capo al titolare del fondo che, non essendo colpevole, sarà chiamato a rimborsare le spese relative agli interventi effettuati dell’autorità competente volti a “normalizzare” la situazione.
In particolare il Collegio ribadisce che, affinché il regime di responsabilità ambientale sia efficace, è necessario che sia accertato dall’autorità competente un nesso causale tra l’azione di uno o più operatori individuabili e il danno ambientale concreto e quantificabile. L’amministrazione, inoltre, nel provvedimento impugnato non ha nemmeno valutato i profili soggettivi dell’azione utili a ricollegare ed imputare la responsabilità dello smaltimento.
Concludendo, il Collegio dispone che in questo caso non può applicarsi il principio “chi inquina paga” poiché non è stato dimostrato che l’appellante ARSIAM sia la responsabile.
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