Il Consiglio di Stato, con sentenza 3329 del 2015, ha previsto che, un’offerta non può ritenersi anomala, e per ciò essere esclusa da una gara, per il solo fatto che il costo del lavoro è stato calcolato secondo valori inferiori a quelli risultanti dalle tabelle ministeriali ex art. 86, comma 3 bis, Codice dei Contratti Pubblici, o dai contratti collettivi, poiché per poter dubitare della sua congruità bisogna valutare se la discordanza sia considerevole e palesemente ingiustificata.
Nel caso di specie, così come ha osservato il T.A.R., nello schema “modulo dell’offerta”, che le imprese dovevano predisporre, le partecipanti alla gara dovevano dichiarare di redigere l’offerta “alle condizioni del lavoro e del CCNL di categoria”, senza l’indicazione dello specifico contratto collettivo multi servizi, così da far ritenere che lo scopo della disposizione era quello di garantire la partecipazione alla gara di imprese operanti nel settore, ai fini di una puntuale esecuzione del servizio richiesto.
Tale interpretazione, inoltre, si ritiene corretta in quanto risulta coerente con l’art. 46, comma 1 bis, del d.lgs. n. 163 del 2006 (recante il codice dei contratti pubblici), che ha sancito il principio della tassatività delle cause di esclusione da una gara.
Infatti, l’indicata disposizione ha previsto che i bandi e le lettere di invito non possono contenere ulteriori prescrizioni oltre quelle riguardanti il mancato adempimento alle prescrizioni previste dal codice e dal regolamento e da altre disposizioni di legge vigenti, nonché nei casi di incertezza assoluta sul contenuto o sulla provenienza dell’offerta, per difetto di sottoscrizione o di altri elementi essenziali dell’offerta; ciò per evitare che per errori formali si producesse l’esclusione dell’offerta.
Infine, con riferimento poi al rispetto dei minimi stabiliti dalle tabelle ministeriali, la giurisprudenza ha ritenuto che i valori del costo del lavoro risultanti dalle tabelle ministeriali non costituiscono tuttavia un limite inderogabile, ma semplicemente un parametro di valutazione della congruità dell’offerta, con la conseguenza che l’eventuale scostamento da tali parametri delle relative voci di costo non legittima di per sé un giudizio di anomalia (Consiglio di Stato, sez. III, n. 1743 del 2 aprile 2015, Sez. V, n. 3937 del 24 luglio 2014).
Quindi, va affermato che devono considerarsi anormalmente basse le offerte che si discostino in modo evidente dai costi medi del lavoro indicati nelle tabelle predisposte dal Ministero del lavoro in base ai valori previsti dalla contrattazione collettiva e che lo scostamento non sia tale da mettere a repentaglio le retribuzioni dei lavoratori.
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