Corte Costituzionale: “Illegittima la legge regionale siciliana n. 13 del 2019 sugli appalti pubblici”

Come del resto era già prevedibile, la Corte Costituzionale con la sentenza n.16 del 2021 ha dichiarato incostituzionali le disposizioni regionali introdotte con la legge regionale siciliana n.13 del 2019 in matria di appalti pubblici.

La questione relativa all’art. 4, comma 1, primo periodo, della legge della Regione Siciliana n. 13 del 2019, a tenore del quale, nel territorio regionale «le stazioni appaltanti sono tenute ad utilizzare il criterio del minor prezzo, per gli appalti di lavori d’importo pari o inferiore alla soglia comunitaria, quando l’affidamento degli stessi avviene con procedure ordinarie sulla base del progetto esecutivo» è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo.

Per l’aggiudicazione degli appalti di lavori, la disposizione regionale aveva introdotto, in capo alle stazioni appaltanti, un vero e proprio vincolo all’utilizzo del criterio del minor prezzo.

Infatti proprio tale  previsione si pone in contrasto con quanto prevede il codice dei contratti pubblici, che demanda alle singole stazioni appaltanti l’individuazione del criterio da utilizzare.

Per gli appalti di lavori, dopo l’entrata in vigore del d.l. n. 32 del 2019, i due criteri (quello dell’offerta più vantaggiosa e quello del minor prezzo) sono alternativi senza vincoli, e la scelta è appunto rimessa alla stazione appaltante, fatti salvi casi specifici in cui è mantenuto il primato del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.

Questa circostanza è sufficiente a determinare il contrasto con la disciplina statale, giacché la disciplina statale, a differenza di quella regionale, affida e non impone alle stazioni appaltanti la scelta del criterio da utilizzare, quindi, il legislatore regionale ha pertanto introdotto una normativa che invade la sfera di competenza esclusiva statale in materia di «tutela della concorrenza», adottando previsioni in contrasto con quelle del codice dei contratti pubblici, in palese  violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.

Per le stesse ragioni  è stata dichiarata la illegittimità costituzionale dell’art. 4, comma 1 (dal secondo periodo in poi), e comma 2, della legge reg. Siciliana n. 13 del 2019.

Essa si appunta su quello che il ricorrente definisce un metodo di calcolo della soglia di «anomalia» delle offerte difforme da quello previsto dal codice dei contratti pubblici, con conseguente invasione dell’ambito riservato alla competenza esclusiva statale in materia di tutela della concorrenza. Infatti  le norme regionali disegnano solo indirettamente una «soglia di anomalia», attraverso un peculiare meccanismo, per cui la gara deve essere aggiudicata all’offerta che eguaglia la soglia – calcolata secondo le regole introdotte dalle stesse disposizioni impugnate – o che più vi si avvicina per difetto.

Le norme regionali avevano previsto  un meccanismo di individuazione della soglia, nonché di calcolo ed esclusione delle offerte anomale, diverso da quello previsto nel codice dei contratti pubblici. Quest’ultimo dispone infatti, all’art. 97, commi 2 e 2-bis, che, quando il criterio di aggiudicazione è quello del prezzo più basso, al fine di valutare la congruità delle offerte, la soglia di anomalia sia determinata con modalità di calcolo che variano a seconda che il numero delle offerte ammesse sia superiore (o pari) o inferiore a quindici; e prevede, altresì, che in presenza di offerte contenenti un ribasso pari o superiore alla citata soglia le stazioni appaltanti ne chiedano e ottengano giustificazione da parte degli operatori economici. Qualora tale giustificazione non sia sufficiente a spiegare «il basso livello di prezzi o di costi proposti», l’offerta anomala deve essere esclusa.

Anche sotto tale profilo la norma regionale determina la violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost, e quindi, anche l’art. 13 della legge reg. Siciliana n. 13 del 2019 è stata dichiarata illegittima dalla Corte Costituzionale.

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