Con Sentenza n. 595 del 12.01.2018, pubblicata in data 28.02.2018, il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza) si è espresso in merito ai criteri e alla metodologia di quantificazione della misura di revisione dei prezzi di un appalto, con delle puntualizzazioni relative sia sull’aspetto preliminare della giurisdizione, che su quello sostanziale dei requisiti.
Infatti, il Collegio ha preliminarmente chiarito che le controversie in tema di revisione prezzi sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, sia che la contestazione riguardi le spettanze, sia l’esatto suo importo come quantificato dal provvedimento applicativo (cfr. T.A.R. Lecce sez. III 10 ottobre 2013 n. 2111), superando in tal modo la tradizionale distinzione tra le controversie relative al quantum della revisione prezzi, che erano devolute alla giurisdizione del giudice ordinario, e quelle afferenti all’an debeatur devolute al giudice amministrativo, imponendo la concentrazione dinanzi alla stessa autorità giurisdizionale.
Dal punto di vista sostanziale, invece, il Collegio ha compiuto delle precisazioni in merito all’istituto della revisione-adeguamento prezzi ex art. 115 D.lgs. 163/2006 (“Tutti i contratti ad esecuzione periodica o continuativa relativi a servizi o forniture debbono recare una clausola di revisione periodica del prezzo. La revisione viene operata sulla base di una istruttoria condotta dai dirigenti responsabili dell’acquisizione di beni e servizi sulla base dei dati di cui all’articolo 7, comma 4, lettera c) e comma 5”), rilevando che, con la previsione dell’obbligo di revisione del prezzo di un appalto di durata su base periodica, il legislatore ha inteso munire i contratti di forniture e servizi di un meccanismo che, a cadenze determinate, comporti la definizione di un “nuovo” corrispettivo per le prestazioni oggetto del contratto, con beneficio per entrambi i contraenti, in quanto incidente sull’equilibrio contrattuale.
In tal modo l’appaltatore vede ridotta, anche se non eliminata, l’alea propria dei contratti di durata, mentre la stazione appaltante vede diminuito il pericolo di un peggioramento della qualità o quantità di una prestazione, divenuta per l’appaltatore eccessivamente onerosa o, comunque, non remunerativa (cfr. Tar Lazio – Roma sez. III quater 18 marzo 2014 n. 2953).
In definitiva può ritenersi che la previsione di cui all’art. 115 del codice dei contratti ponga ex lege un rimedio manutentivo, in funzione del mantenimento dell’equilibrio economico del contratto, per la gestione di sopravvenienze giuridicamente rilevanti intervenute nel corso dell’esecuzione del rapporto contrattuale (cfr. Corte Cost. n. 447/2006).
Nel caso specifico, il consorzio ricorrente aveva proposto ricorso contro il Comune di Milano per l’annullamento del provvedimento che riconosceva in favore del ricorrente un importo asseritamente inferiore a quanto spettante a titolo di compenso revisionale ai sensi dell’art. 115 D.lgs. n. 163/2006.
Ebbene, il Collegio ha accolto solo parzialmente il ricorso in riferimento all’omessa corresponsione degli interessi di mora per il ritardato pagamento, rigettando i restanti motivi sugli ipotetici errori relativi alla determinazione della revisione prezzi, ritenendo inapplicabile al caso de quo l’istituto della revisione prezzi, trattandosi di nuovi rapporti che costituiscono autonome operazioni negoziali, e non di contratti ad esecuzione periodica o continuativa.
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