Il varo del nuovo codice dei contratti ha dato l’occasione di mettere in evidenza alcune questioni fondamentali riguardanti la funzionalità della ripartizione delle fasi delle procedure di affidamento, ed in particolare, tra le altre, un tema meritevole di approfondimento è l’istituto dell’aggiudicazione provvisoria i cui referenti normativi sono rinvenibili negli artt. 32 e 33 del D.lgs 18 aprile 2016 n. 50.
Le problematicità sottese al superiore istituto, emerse soprattutto in sede di contenzioso, sono correlate alla sua natura endoprocedimentale e alla forzosa equiparazione a un provvedimento amministrativo e indicativamente riassumibili in: impugnabilità immediata, risarcibilità del danno da revoca e tutela dell’affidamento.
La soluzione trasposta nel testo finale si è risolta nella sostituzione, nei già menzionati articoli, dell’ “aggiudicazione provvisoria” con la “proposta di aggiudicazione”. In tal modo viene meno lo sdoppiamento dell’aggiudicazione (provvisoria e definitiva) mediante la naturale combinazione del profilo propositivo con quello decisorio, risolvendo negativamente la problematica dell’immediata impugnabilità della proposta, in quanto assorbita in quella dell’atto terminale (aggiudicazione definitiva) non mutando al contempo l’ordine delle fasi procedimentali.
La differenza, che certamente non può avere solo natura nominalistica, come è desumibile dai principi di diritto espressi dalla giurisprudenza (TAR Lombardia-Milano, sez. III, sent. n.1913/2013; CONSIGLIO DI STATO sent. n.1997/2010; CONSIGLIO DI STATO sent. n. 1987/2017) in merito ai superiori profili è che, in primo luogo, l’aggiudicazione provvisoria di una gara ha natura di atto endoprocedimentale ed i suoi effetti sono meramente interinali, per cui essa è inidonea a ingenerare un legittimo affidamento in ordine all’ottenimento dell’aggiudicazione definitiva, in secondo luogo, e conseguentemente, fino a quando non sia intervenuta l’aggiudicazione, rientra nel potere discrezionale dell’amministrazione disporre la revoca del bando di gara e degli atti successivi, laddove sussistano concreti motivi di interesse pubblico tali da rendere inopportuna, o anche solo da sconsigliare la prosecuzione della gara.
La configurazione normativa del potere di autotutela in esame si presta, quindi, ad essere criticata, nella misura in cui omette un’adeguata considerazione e un’appropriata protezione delle esigenze,(qualificato come “principio fondamentale” dell’Unione Europea dalla stessa Corte di Giustizia UE) ingenerato nel privato danneggiato dalla revoca e all’interesse pubblico alla certezza dei rapporti giuridici costituiti dall’atto originario.