Interdittiva antimafia: il Consiglio di Stato fornisce ulteriori chiarimenti

Il Consiglio di Stato, con la sentenza 3754 del 2016, ha fornito nuovi chiarimenti sulla disciplina dell’interdittiva antimafia.
Nello specifico, infatti, il collegio ritiene che quest’ultima, ai sensi degli artt. 84, comma 4, e art. 91, comma 6 del d.lgs 159/2011, presuppone “concreti elementi da cui risulti che l’attività d’impresa possa, anche in modo indiretto, agevolare le attività criminose o esserne in qualche modo condizionata”.

In particolare, il collegio ritiene che tali elementi devono essere valutati sotto la logica della probabilità di condizionamento da parte dell’associazione criminosa. Tale istituto, infatti, sottende a una ratio anticipatoria e preventiva del pericolo e pertanto non appare possibile applicare la logica penalistica di certezza probatoria raggiunta aldilà di ogni ragionevole dubbio.
Inoltre, i giudici di Palazzo Spada sottolineano che gli elementi posti a base dell’informativa possono essere anche non penalmente rilevanti, ovvero, non costituire oggetto di procedimenti penali o di processi penali o, addirittura e per converso, possono essere già stati oggetto del giudizio penale con esito di proscioglimento o assoluzione. Il Prefetto, infatti, in virtù della sua ampia discrezionalità può porre a fondamento del proprio provvedimento qualunque elemento tale da presupporre un valido condizionamento dell’attività di stampo mafioso nei confronti dell’imprenditore.

Ed ancora, con la suddetta sentenza, il collegio fa chiarezza sull’importanza della parentela con soggetti di appartenenza mafiosa: l’amministrazione, infatti, dovrà dare rilievo a tale rapporto solo se per la sua natura, intensità, o per altre caratteristiche concrete sia “più probabile che non” che le decisioni dell’attività possano essere influenzate, anche indirettamente, dalla mafia attraverso la famiglia, o da un affiliato mediante il contatto col proprio congiunto. Non vi è, quindi, un automatica esclusione dell’imprenditore che presenti nel proprio albero genealogico dei soggetti appartenenti ad associazioni di stampo mafioso: la valutazione del Prefetto, quindi, va fatta in maniera concreta e non astratta.

La ratio dell’interdittiva antimafia è quella di salvaguardare l’ordine pubblico economico della libera concorrenza tra le imprese e del buon andamento della pubblica amministrazione: il Prefetto, quindi, dovrà escludere l’imprenditore che, seppur possa avere la fiducia della stazione appaltante per la qualità del servizio che sia in grado di offrire, abbia rapporti diretti o indiretti con le associazioni mafiose .
Per ciò che concerne l’impugnazione: è possibile proporre ricorso all’autorità giudiziaria amministrativa se la pronuncia prefettizia sia viziata sotto il profilo della manifesta illogicità, irragionevolezza e travisamento dai fatti. E’ esclusa, infatti, la competenza del giudice amministrativo sul giudizio sul’accertamento dei fatti posti a base del provvedimento (Cons. Stato sent n. 4724/2011).

Clicca qui per il testo integrale della sentenza.

Potrebbe interessarti anche

Via Mariano Stabile 241, 90141 Palermo (PA)

Tel. (+39) 091 2511213

Fax (+39) 091 8434400

E-mail: info@studiolegaleribaudo.com

P.IVA: 04870410828

Principali attività

Patrocini in Cassazione
Contenziosi tributari
Consulenza Enti Locali
Contenziosi amministrativi
Consulenza urbanistica
Diritto del lavoro
Appalti
Sanità
Legislazione Europea

Privacy

Privacy & Cookies
GDPR
Newsletter

Design & code by Francesco Cimò