La Sezione Prima Bis del Tar del Lazio-Roma, con la sentenza n. 6258 pubblicata il 25 maggio 2017, si è pronunciata in ordine ai requisiti di moralità nel caso in cui un concorrente sia una persona giuridica.
In primis, viene richiamata la disposizione normativa di cui all’art. 80, comma 3°, del Decreto Legislativo 18.4.2016 n. 50 che recita: “L’esclusione di cui ai commi 1 e 2 va disposta se la sentenza o il decreto ovvero la misura interdittiva sono stati emessi nei confronti: del titolare o del direttore tecnico, se si tratta di impresa individuale; di un socio o del direttore tecnico, se si tratta di societa’ in nome collettivo; dei soci accomandatari o del direttore tecnico, se si tratta di societa’ in accomandita semplice; dei membri del consiglio di amministrazione cui sia stata conferita la legale rappresentanza ivi compresi institori e procuratori generali, dei membri degli organi con poteri, di direzione o di vigilanza o dei soggetti muniti di poteri di rappresentanza, di direzione o di controllo, del direttore tecnico o del socio unico persona fisica, ovvero del socio di maggioranza in caso di societa’ con meno di quattro soci, se si tratta di altro tipo di societa’ o consorzio”.
“Sotto il profilo teleologico – spiegano i Giudici – la ratio della previsione è evidente, atteso che la garanzia di moralità del concorrente che partecipa a un appalto pubblico non può limitarsi al socio persona fisica, ma deve interessare anche il socio persona giuridica, per il quale, anzi, il controllo ha più ragione di essere per assicurare legalità, solo se si considera che, proprio nei casi di società collegate, potrebbero annidarsi fenomeni di irregolarità elusive degli obiettivi di trasparenza perseguiti. Diversamente opinando, si perverrebbe anche alla violazione del principio della par condicio dei concorrenti, in quanto assoggetterebbe alla dichiarazione solo una società concorrente con socio unico o socio di maggioranza che sia persona fisica e non una società con socio unico o socio di maggioranza che sia persona giuridica”.
“Tale esegesi – continua la sentenza – è l’unica compatibile con il diritto comunitario, ed in particolare con l’art. 57, comma 1°, della Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio n. 24 del 26 febbraio 2014, sostanzialmente riproduttiva del previgente art. 45 della Direttiva 2004/18/CE, abrogata dall’articolo 91 della precitata Direttiva n. 24 del 26 febbraio 2014, a decorrere dal 18 aprile 2016 . L’art. 57, comma 1°, della suddetta Direttiva n. 24 del 2014, con l’ultimo capoverso, precisa: “L’obbligo di escludere un operatore economico si applica anche nel caso in cui la persona condannata definitivamente è un membro del consiglio di amministrazione, di direzione o di vigilanza di tale operatore economico o è una persona ivi avente poteri di rappresentanza, di decisione o di controllo”.
Invero, il diritto comunitario non soltanto non osta alla verifica della sussistenza dei requisiti morali in capo alle persone giuridiche e non solo alle persone fisiche, ma, anzi, impone di effettuare il controllo nei confronti di ogni soggetto che, nella sostanza, eserciti il potere di rappresentanza, di decisione o di controllo del candidato o dell’offerente, quanto alla dimostrazione dei requisiti di moralità e della carenza di pregiudizi penali.