Il Consiglio di Stato, con sentenza del 14 marzo 2022 n. 1785, ha disposto sul principio di separazione tra offerta tecnica ed offerta economica e principio di segretezza dell’offerta economica.
Secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale, laddove la procedura di gara sia caratterizzata da una netta separazione tra la fase di valutazione dell’offerta tecnica e quella economica, il principio di segretezza comporta che, fino a quando non si sia conclusa la valutazione degli elementi tecnici, non è consentito al seggio di gara la conoscenza di quelli economici, per evitare influenza sull’apprezzamento dei primi.
Il Collegio ha evidenziato che, se è vero che il c.d. principio di separazione tra offerta tecnica e offerta economica non può essere interpretato in maniera indiscriminata, ma impone una valutazione da effettuare in concreto, in riferimento alla funzione cui il principio è preordinato (Cons. Stato, n. 4342 del 2019), va d’altro canto precisato che occorre evitare tutto ciò che può essere di per sé potenzialmente idoneo a determinare un condizionamento, anche in astratto, da parte dell’organo deputato alla valutazione dell’offerta, alterandone la serietà ed imparzialità valutativa; di conseguenza nessun elemento economico deve essere reso noto alla Commissione prima che questa abbia reso le proprie valutazioni sull’offerta tecnica (Cons. Stato, n. 2732/2020; Cons. Stato n. 6308(2020).
La peculiarità del bene giuridico protetto dal principio di segretezza dell’offerta economica impone, invero, che la tutela copra non solo l’effettiva lesione del bene, ma anche il semplice rischio di pregiudizio: già la sola possibilità di conoscenza dell’entità dell’offerta economica, prima di quella tecnica, è idonea a compromettere la garanzia di imparzialità della valutazione.
Alla luce di tali principi, il Collegio ha ritenuto che l’indicazione dei costi di manutenzione nell’offerta tecnica effettuata dall’appellante avesse effettivamente violato il principio della segretezza delle offerte: l’indicazione di quei costi consentiva infatti alla Commissione di ricavare l’importo del canone di gestione offerto dal concorrente rispetto a quello posto a base d’asta, mediante una semplice operazione matematica, così determinando quella concreta alterazione dell’imparzialità della valutazione economica che la clausola n. 22 del Disciplinare di gara mirava ad evitare.
Da ciò si evince che il principio impone che la tutela copra non solo l’effettiva lesione del bene, ma anche il rischio di pregiudizio e già la sola indicazione dei costi di manutenzione può compromettere la garanzia di imparzialità della valutazione.