Il T.A.R. del Lazio, di Roma, con sentenza n. 11377 del 4 giugno 2024 dispone che in materia di project financing non vi sia alcun diritto al risarcimento del danno se la proposta non viene inclusa nella programmazione triennale.
Secondo il Collegio, infatti, non può trovare accoglimento l’azione di risarcimento del danno (nello specifico, spese sostenute per l’esame di fattibilità e relativa fase progettuale) fondata solo su di una inammissibile equivalenza (automatismo) tra mancata approvazione della proposta presentata dal promotore in una procedura di project financing e risarcimento del danno.
Nel caso di specie, infatti, l’amministrazione aveva esposto all’azienda che la proposta di project financing non era stata inclusa nel programma triennale delle opere pubbliche in quanto l’amministrazione, nell’esercizio della propria discrezionalità amministrativa, aveva ritenuto opportuno optare per soluzioni diverse.
La società ha, dunque, proposto ricorso chiedendo il risarcimento dei danni subiti ritenuta lesiva la condotta tenuta dall’amministrazione e contraria alle regole della buona fede precontrattuale.
Nella sentenza in commento, in applicazione del consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa, si ribadisce il principio secondo cui un’aspettativa giuridicamente rilevante per il promotore si può configurare solo in seguito alla scelta di addivenire all’affidamento del contratto.
Ciò comporta, peraltro, che l’amministrazione non è tenuta a motivare il ripensamento sulla proposta progettuale, dando conto del contemperamento tra l’interesse pubblico e quello privato sacrificato.
La scelta di dar corso ad una procedura di project financing e di affidarne la realizzazione ad un determinato promotore costituisce, infatti, espressione di discrezionalità amministrativa, poiché implica approfondite valutazioni in merito all’interesse pubblico alla realizzazione dell’opera, che rientrano nella competenza esclusiva dell’Amministrazione e non possono essere sindacate in sede giurisdizionale.
Tale discrezionalità si esaurisce solo quando l’amministrazione si risolva ad attivare la procedura di gara e a concluderla con l’aggiudicazione.
In particolare, gli adempimenti previsti dall’art. 183, comma 15, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 non configurano un impegno vincolante dell’amministrazione nei confronti del proponente essendo la prima libera – fino all’eventuale aggiudicazione – di rimeditare le proprie scelte di pianificazione delle opere pubbliche.
Ne consegue, dunque, che, secondo il Collegio, nessuna ragionevole aspettativa alla conclusione favorevole della iniziativa può essere riconosciuta in capo alla ricorrente, neppure in dipendenza di una iniziale approvazione di massima del progetto e suo inserimento nel programma delle opere pubbliche.