Sulla legittimità dell’esclusione di un raggruppamento di imprese in caso di fallimento di un’impresa facente parte dello stesso

La seconda sezione del Tar per la Lombardia si è pronunciata, con sentenza n. 167/2017,  sulla importante questione che riguarda la legittimità dell’esclusione di un raggruppamento temporaneo di imprese (r.t.i.) durante una gara nel caso in cui un’impresa facente parte del raggruppamento è stata dichiarata fallita.

In via generale, la disamina di una siffatta fattispecie, deve partire dall’assunto che verte sull’applicazione del principio dell’immodificabilità soggettiva dei partecipanti durante la gara, indispensabile per una valutazione oggettiva sia dell’offerta, sia dell’affidabilità del contraente, presupposto necessario per un sano e trasparente confronto concorrenziale tra le imprese partecipanti; la scelta del contraente nelle procedure di gara non ha per oggetto esclusivamente l’offerta, ma anche i requisiti oggettivi e soggettivi dello stesso, in un’ottica di selezione non solo dell’offerta migliore ma anche del contraente più affidabile.

La disposizione normativa di riferimento per la questione in esame è l’articolo 38, comma 1, lettera a) del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 stabilisce che “sono esclusi dalla partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti di lavori, forniture e servizi, né possono essere affidatari di subappalti, e non possono stipulare i relativi contratti i soggetti: a) che si trovano in stato di fallimento, di liquidazione coatta, di concordato preventivo, salvo il caso di cui all’articolo 186-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, o nei cui riguardi sia in corso un procedimento per la dichiarazione di una di tali situazioni”.

In virtù dell’interpretazione letterale della citata disposizione normativa è evidente come debba essere esclusa dalla partecipazione sicuramente l’impresa dichiarata fallita. Ma il cuore dell’argomento riguarda la legittimità dell’esclusione non già dell’impresa fallita dall’intero raggruppamento, ma la legittimità dell’esclusione di quest’ultimo dalla gara.

Ebbene, il legislatore ha previsto che ad una situazione del genere, secondo la quale l’impresa fallita viene esclusa dal raggruppamento, si può ovviare modificando una parte soggettiva mediante una sua sostituzione ovvero continuando il contratto con i/il compenti/e del raggruppamento che possiedono i requisiti richiesti in relazione all’opera da realizzare.

Per tali ragioni non è da ritenersi legittimo il provvedimento di esclusione del raggruppamento se, con l’esclusione dallo stesso di un’impresa fallita, non mutano i requisiti richiesti dalla lex specialis, inizialmente posseduti e successivamente non più per la mancanza dell’impresa fallita.

A favore di una diretta esclusione del raggruppamento si riscontra in una sentenza del TAR Lazio n. 4682/2016, in cui il fallimento di una delle imprese componenti uno dei raggruppamenti partecipanti, prima dell’aggiudicazione definitiva, ne determina l’esclusione, soltanto dal momento che “con un onere di diligenza ben possibile, il raggruppamento avrebbe potuto per tempo rendersi conto in proprio che una delle società del gruppo era portatrice di irregolarità suscettibili di riflettersi negativamente sull’intero gruppo, nell’ambito della procedura selettiva alla quale esso aveva deciso di partecipare.”

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