La Suprema Corte, con sentenza n. 25288 del 11.11.2020, si è pronunciata sul tema della responsabilità per omessa vigilanza delle strutture sanitarie nei confronti dei pazienti ospiti di reparti psichiatrici.
In particolare, il Collegio ha ribadito un precedente orientamento, ai sensi del quale il giudizio sulla responsabilità sanitaria richiede la valutazione sincretica di due distinte fasi: la prima, da collocarsi a monte, concerne l’evento dannoso e la sua derivazione causale dalla condotta omissiva, da provarsi adoperando la regola del più probabile che non.
La seconda, collocata a monte, mira all’accertamento della possibilità, o meno, di adempiere.
Orbene, l’onere di provare il nesso causale sorge in capo al creditore-danneggiato.
Di converso, il debitore-danneggiante è ammesso a provare che si sia verificata una causa imprevedibile ed inevitabile che abbia reso impossibile la prestazione, causa che integrerà eventualmente un fatto estintivo del diritto al risarcimento.
Più nel dettaglio: il mero verificarsi dell’evento di danno non comporta già di per sé una colpevolezza della struttura sanitaria, se la stessa non ha potuto adottare tutte le misure necessarie per evitarlo.
In conclusione, non è sufficiente che le misure adottate si rivelino inadeguate, il risarcimento nei confronti dei degenti non sarà dovuto se si dimostra l’impossibilità di ricorrere a misure alternative idonee ad impedire la produzione del danno.
Commento a sentenza edito dalla dott.ssa Claudia Fasciano
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