Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio ha pronunciato la sentenza n. 4679/17 in materia di risarcimento del danno da responsabilità precontrattuale nelle controversie sulle procedure di aggiudicazione di appalti pubblici.
In via generale, vale la regola sancita per i soggetti privati dall’art. 1337 c.c. secondo cui le parti, nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto, devono comportarsi secondo buona fede; estensivamente tale regola vale anche per i soggetti pubblici, che hanno l’onere di improntare la propria condotta sui canoni di buona fede e correttezza.
L’appena citata previsione normativa è conforme ad una pronuncia giurisprudenziale secondo cui “nello svolgimento della sua attività di ricerca del contraente l’amministrazione è tenuta non soltanto a rispettare le regole dettate nell’interesse pubblico […] ma anche le norme di correttezza di cui all’art. 1337 c.c. prescritte dal diritto comune”, regole “la cui violazione assume significato e rilevanza, ovviamente, solo dopo che gli atti della fase pubblicistica attributiva degli effetti vantaggiosi sono venuti meno e questi ultimi effetti si sono trasformati in affidamenti restati senza seguito” (Cons. Stato, sez. IV, 23 agosto 2016, n. 3671; v. anche Cons. Stato, ad. plen., 5 settembre 2005, n. 6).
Posto ciò, la peculiarità del risarcimento del danno non può trovare spazio per il solo fatto dell’inadempimento del contratto, ma deve rispondere sempre e comunque a quei canoni di correttezza e buona fede, in presenza dei quali la parte ha diritto ad ottenere il risarcimento del danno in ragione delle spese inutilmente sostenute e delle ulteriori e magari più favorevoli occasioni contrattuali perdute e sfuggite al contraente a causa della trattativa inutilmente trascorsa.
Altresì, l’eventuale richiesta di indennizzo deve essere subordinata ad una concreta sofferenza patita dalla parte contraente nei limiti delle spese sostenute e dunque circoscritta al “danno emergente”.
Resta infine ferma la possibilità di risarcimento del danno, nei termini di chance perduta, se l’impresa invalidamente pretermessa dall’affidamento dell’appalto riesce a dimostrare il nesso di causalità tra la violazione accertata e la perdita patrimoniale patita in termini di “lucro cessante” in quanto, se la procedura fosse stata amministrata correttamente, la sua offerta avrebbe avuto concrete possibilità di essere selezionata come la migliore.