Il TAR Sardegna, con sentenza 2/2019, ha disposto la legittimità della revoca dell’aggiudicazione disposta in autotutela dall’amministrazione procedente nell’ipotesi in cui vengano riscontrati comportamenti scorretti dell’aggiudicatario, in quanto va prioritariamente tutelato l’interesse alla corretta gestione delle risorse pubbliche.
Nello specifico, l’amministrazione con provvedimento espresso revocava il precedente affidamento in concessione dei beni demaniali in quanto la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Cagliari, a seguito di preciso esposto, aveva intrapreso un’indagine sulla gara e sequestrato tutti gli atti della stessa.
Secondo il Collegio la revoca dell’aggiudicazione è sorretta dall’interesse pubblico alla corretta gestione delle risorse collettive, interesse di per sé superiore all’interesse particolare dell’impresa a conservare l’aggiudicazione e che nella specie “il fattore tempo, per le vicende sopravvenute all’aggiudicazione (peraltro nelle more sospesa), non ha affatto inciso nel senso di radicare un legittimo affidamento”.
La pronuncia peraltro è inserito nell’alveo del filone giurisprudenziale maggioritario, il quale ritiene primario l’interesse alla corretta gestione delle risorse pubbliche.
Nella sentenza in commento, infatti, Il TAR,ha richiamato l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (Ad. Plen., 20 giugno 2014, n. 14) laddove aveva chiarito che i poteri dell’Amministrazione di incidere sugli atti pregressi, si differenziano a seconda della fase della procedura di evidenza pubblica in cui sono esercitati, precisando che “resta impregiudicata, nell’inerenza all’azione della pubblica amministrazione dei poteri di autotutela previsti dalla legge, la possibilità: a) della revoca nella fase procedimentale della scelta del contraente fino alla stipulazione del contratto; b) dell’annullamento d’ufficio dell’aggiudicazione definitiva anche dopo la stipulazione del contratto, ai sensi dell’art. 1, comma 136, l. n. 311 del 2004, nonché concordemente riconosciuta in giurisprudenza, con la caducazione automatica degli effetti negoziali del contratto per la stretta consequenzialità funzionale tra l’aggiudicazione della gara e la stipulazione dello stesso” (cfr. Cons. St., sez. III, 29 novembre 2016, n. 5026).
Il Collegio ha quindi condiviso e richiamato i principi affermati dalla giurisprudenza amministrativa in materia di contratti pubblici secondo cui le ragioni idonee a legittimare la revoca dell’aggiudicazione sono: a) la revoca per sopravvenuta non corrispondenza dell’appalto alle esigenze dell’amministrazione; b) la revoca per sopravvenuta indisponibilità di risorse finanziarie ovvero per sopravvenuta non convenienza economica dell’appalto (Cons. St., sez. V, 21 aprile 2016, n. 1599; Id., sez. III, 29 luglio 2015, n. 3748); c) la revoca per inidoneità della prestazione descritta nella lex specialis a soddisfare le esigenze contrattuali che hanno determinato l’avvio della procedura (Cons. St., sez. III, 29 novembre 2016, n. 5026).
Tra i “sopravvenuti motivi di pubblico interesse”, a detta del Collegio, ben possono rientrare anche i “comportamenti scorretti dell’aggiudicatario che si siano manifestati successivamente all’aggiudicazione definitiva”.In tali casi, pertanto, la revoca assume la particolare connotazione di “revoca-sanzione”, con la conseguente caducazione degli effetti del provvedimento in quanto “si tratta pur sempre di “motivi di pubblico interesse”, successivi al provvedimento favorevole (o successivamente conosciuti dalla stazione appaltante, e per questo “sopravvenuti”) che giustificano la revoca”.
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