In particolare, i giudici di Palazzo Spada, riformando sul punto la sentenza di primo grado, hanno affermato che le spese non possono essere liquidate sulla base del valore stimato dell’appalto ai sensi dell’articolo 29 del (precedente) codice dei contratti pubblici: tale valore risulterebbe infatti abnorme in quanto non terrebbe conto dei costi sostenuti dalla società vincitrice della gara d’appalto e, dunque, non corrisponderebbe al valore effettivo derivante dallo svolgimento del servizio.
La sentenza, accogliendo parzialmente l’appello, ha invece liquidato forfettariamente le spese di lite, tenendo conto dell’effettivo utile conseguibile da parte dell’impresa e non sulla base dell’importo d’appalto posto a base di gara.
Giova inoltre sottolineare che il collegio, in conformità con filone giurisprudenziale dominante, ritiene che la sindacabilità in appello della condanna alle spese di lite, comminata dal giudice di primo grado, è limitata, alla sola ipotesi in cui venga modificata la decisione principale, con l’eccezione dell’abnormità manifesta sul punto (Cons. Stato, Sez. III, 21 ottobre 2015, n. 4808). Nel caso di specie, infatti, sussisterebbe il requisito dell’abnormità manifesta, avendo il giudice di prime cure liquidato le spese sulla base del valore della controversia erroneamente calcolato ai sensi dall’articolo 29 del d.lgs. n. 163 del 2006 e non in virtù dell’articolo 5, comma 3 del d.m. n. 55 del 2014