Con la sentenza n. 6681 della Sezione Terza Ter del Tar Lazio-Roma, pubblicata il 7 giugno 2017, viene sancita l’infondatezza della domanda risarcitoria in caso di tardiva impugnazione dell’aggiudicazione definitiva.
In particolare,viene richiamato l’art. 30, co. 3, c.p.a. il quale sancisce che “Nel determinare il risarcimento il giudice valuta tutte le circostanze di fatto e il comportamento complessivo delle parti e, comunque, esclude il risarcimento dei danni che si sarebbero potuti evitare usando l’ordinaria diligenza, anche attraverso l’esperimento degli strumenti di tutela previsti”.
In relazione a questa norma, che traspone nella materia del risarcimento dei danni da lesione di interessi legittimi il principio generale codificato dall’art. 1227, 2° co., cod. civ. (“il risarcimento non è dovuto per i danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza”; v. in generale Cons. Stato, sez. VI, 15 settembre 2015, n. 4283), i Giudici richiamano la recente giurisprudenza del Consiglio di Stato la quale ha affermato che “l’omessa attivazione degli strumenti di tutela specifici previsti dall’ordinamento a tutela delle posizioni di interesse legittimo, nel caso in cui essa avrebbe impedito la consolidazione di effetti dannosi, costituisce, nel quadro del comportamento complessivo delle parti, dato valutabile, alla stregua del canone di buona fede e del principio di solidarietà, ai fini dell’esclusione o della mitigazione del danno evitabile con l’ordinaria diligenza. L’omessa impugnazione è quindi non più una preclusione di rito ma di fatto e da considerare in sede di merito ai fini del giudizio sulla sussistenza e consistenza del pregiudizio risarcibile” (Cons. Stato, sez. IV, 13 aprile 2016, n. 1459; v. anche Cons. Stato, sez. IV, 22 novembre 2016, n. 4901, secondo cui “la […] scelta di non avvalersi degli effetti della misura cautelare accordata integra violazione del canone di buona fede e dell’obbligo di cooperazione, spezza il nesso causale fra provvedimento e pregiudizio e, per l’effetto, in forza del principio di auto-responsabilità codificato dall’art. 1227, comma 2, c.c., comporta la non risarcibilità del danno evitabile”); con la conclusione della “rilevanza sostanziale, sul versante prettamente causale, dell’omessa o tardiva impugnazione come fatto che preclude la risarcibilità di danni che sarebbero stati presumibilmente evitati in caso di rituale utilizzazione dello strumento di tutela specifica predisposto dall’ordinamento a protezione delle posizioni di interesse legittimo onde evitare la consolidazione di effetti dannosi” (così Cons. Stato, sez. V, 31 marzo 2016, n. 1267, che richiama Cons. Stato, ad. plen., 23 marzo 2011, n. 3).
In conclusione, si esclude la sussistenza di un interesse alla declaratoria di illegittimità degli atti impugnati atteso che la tardiva impugnazione del provvedimento di aggiudicazione comporta il “definitivo consolidamento del pregiudizio” e, dunque, l’inevitabile infondatezza della domanda risarcitoria.