Il TAR Palermo, con la sentenza n. 1143 del 2017, ha ritenuto che, visti i recenti orientamenti giurisprudenziali intervenuti in materia, il diniego all’iscrizione alla c.d. white list è legittimo solo quando la Prefettura indica gli elementi che sorreggono adeguatamente il giudizio prognostico negativo circa la permeabilità della ricorrente alle pressioni mafiose.
Il Collegio ha annullato il provvedimento di rigetto dell’istanza di iscrizione nell’elenco delle White List, emesso dalla Prefettura di Palermo perché non ricorrevano le condizioni di cui all’art. 2 comma 2 lettera b del D.P.C.M. 18 aprile 2013 e cioè “l’assenza di eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi dell’impresa, di cui all’art. 84, comma 3, del Codice antimafia”.
Le imprese, infatti, sono da considerare legittime destinatarie di interdittive negative solo quando la Prefettura indica atti idonei diretti in modo non equivoco a conseguire lo scopo di condizionare le scelte gestionali (decisione CGA n. 247/2017).
In particolare, i legami parentali, non possono essere ritenuti idonei a supportare autonomamente un’informativa negativa, non essendo tali da indicare, sul piano induttivo, “significativi” rapporti commerciali con soggetti di spicco delle consortiere mafiose.