Usucapione della P.a. nell’ipotesi di possesso “sine titulo” a seguito di occupazione legittima

Il TAR di Bari con sentenza 266/2014, decidendo sulla restituzione di alcuni fondi occupati senza titolo da parte del Comune di Manfredonia, ha analizzato la validità dell’usucapione della P.A. in caso di possesso sine titulo.

Nel caso di specie, l’intervenuta usucapione, eccepita dalla difesa comunale in virtù dell’ultraventennale possesso uti dominus (che ha avuto inizio dalla data di scadenza dell’occupazione legittima), è da considerarsi valida secondo i giudici decidenti, i quali aderiscono all’orientamento giurisprudenziale che sostiene l’istituto dell’usucapione anche in ipotesi di acquisto del possesso sine titulo a far data dalla scadenza dell’occupazione legittima, possesso che sarà in conseguenza di ciò idoneo ad usucapire un bene immobile nel termine ventennale. A sostegno di quanto esposto vi è inoltre il fondamentale quanto concludente principio secondo cui non sono rinvenibili nell’ordinamento ragioni di deroga all’istituto dell’usucapione laddove questa avvenga a favore della mano pubblica ed in presenza di tutti i requisiti di legge.

La parte ricorrente sostiene inoltre che a seguito di una nota del legale della dante causa (con cui si richiedeva al Comune il pagamento dell’indennità di esproprio o il risarcimento del danno in ipotesi di accessione invertita) il termine ventennale sia stato interrotto.
Ma neanche tale replica all’eccezione di usucapione può essere condivisa: oltre a non richiedere la restituzione del bene, infatti, la giurisprudenza è granitica nel richiedere, a fini interruttivi, la domanda giudiziale.

Onde il TAR accertando l’avvenuta usucapione respinge il ricorso ed esclude per di più il presupposto del risarcimento da illecito, retroagendo gli effetti della usucapione – quale acquisto del diritto reale a titolo originario – al momento dell’iniziale esercizio della relazione di fatto con il fondo altrui, togliendo “ab origine” il connotato di illiceità al comportamento di chi abbia usucapito.

 

Di seguito la sentenza

266/2014 REG.PROV.COLL.

N. 01836/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1836 del 2011, proposto da:
****, rappresentati e difesi dall’avv. Gaetano Prencipe, con domicilio eletto presso Nino Matassa in Bari, via Andrea Da Bari, n.35;

contro

Comune di Manfredonia, rappresentato e difeso dagli avv. Teresa Totaro, Luigi Andrea Ardo’, con domicilio eletto presso Segreteria T.A.R. Bari in Bari, Pza Massari;

per l’accertamento

dell’occupazione senza titolo da parte del Comune di **** del terreno di proprietà dei ricorrenti, identificato nel N.C.U. al Foglio l43/F, particelle 6931 e 6932 (per la superficie occupata di mq. 756,00), e particelle 6933 e 6934 (per la superficie occupata di mq 425,60), e la condanna del Comune medesimo e dei suoi aventi causa a rilasciare detta area in favore dei ricorrenti, previa rimozione di tutte le opere e gli interventi eseguiti, oltre all’indennizzo dovuto per l’illecita occupazione;

o, in via subordinata, per la condanna al risarcimento dei danni patrimoniali in favore degli odierni ricorrenti, in ragione delle rispettive quote, per effetto della eventuale intervenuta acquisizione della proprietà dell’area de qua da parte del Comune medesimo, oltre l’aumento per intervenuta svalutazione ed interessi legali sulla somma rivalutata, sino al soddisfo, ed al risarcimento dei danni non patrimoniali nella misura del 10 % del valore venale del bene ex art. 42 bis D.P.R. 08.06.2001 n. 327.

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di ****;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 23 gennaio 2014 la dott.ssa Desirèe Zonno e uditi per le parti i difensori Gaetano Prencipe e Teresa Totaro;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

Il comune convenuto ha promosso una procedura espropriativa (mai portata a termine) di parte del terreno degli odierni ricorrenti, censito N.C.U. al Foglio l43/F, particelle 6931 e 6932 (per la superficie occupata di mq. 756,00), e particelle 6933 e 6934 (per la superficie occupata di mq 425,60).

I fondi sono stati occupati, in virtù di decreto sindacale n. 114 del 26.9.1979, in data 29.10.1979, per la durata di 5 anni (come da verbale di immissione in possesso prodotto in atti, all. 6 controricorso comune).

Con la domanda giudiziale promossa in questa sede, i ricorrenti chiedono la restituzione dei terreni, previa riduzione in pristino ovvero – ed in subordine – il risarcimento del danno per perdita della proprietà, nell’ipotesi in cui sia ipotizzabile l’intervenuta acquisizione appropriativa.

Chiedono inoltre, i danni da illegittima occupazione, per il periodo in cui i beni sono stati occupati sine titulo (dalla scadenza del termine di occupazione legittima, cioè, sino alla restituzione ovvero all’intervenuto trasferimento della proprietà).

Con il controricorso il Comune ha, in prima battuta, contestato il valore del suolo proposto dai ricorrenti, evidenziandone le scarsissime potenzialità edificatorie.

Ha, tuttavia, pacificamente ammesso che la procedura espropriativa non sia mai stata portata a termine.

Ha, infine, chiesto la dichiarazione di improcedibilità del ricorso in considerazione dell’emanando decreto ex art. 42 bis t.u. espr.

L’eccezione di improcedibilità non è stata accolta, avendo ritenuto la Sezione preferibile concedere rinvio per l’adozione del decreto in questione e solo all’esito statuire in merito.

Concesso rinvio a tal fine (dall’udienza del 10.5.2013 a quella del 23.1.2014), la difesa comunale ha, in limine, eccepito l’intervenuta usucapione dei fondi in virtù dell’ultraventennale possesso uti dominus dalla data di scadenza dell’occupazione legittima fino alla data di instaurazione del giudizio.

L’eccezione è fondata.

La Sezione aderisce, infatti, alla giurisprudenza (copiosamente citata dalla difesa comunale a pagg. 6 e 7 della memoria depositata l’11.12.2013 alla quale si rinvia) che ammette l’istituto dell’usucapione anche in ipotesi di acquisto del possesso sine titulo (e per ciò idoneo ad usucapire un bene immobile nel termine ventennale) a far data dalla scadenza dell’occupazione legittima (determinata, come nel caso di specie, dalla scadenza del decreto di occupazione di urgenza e delle relative proroghe).

Ciò per la fondamentale -quanto dirimente- ragione per cui non sono rinvenibili, nell’ordinamento, ragioni di deroga all’istituto dell’usucapione, laddove questa avvenga a favore della mano pubblica ed in presenza di tutti i requisiti di legge.

Tanto premesso, è pacifico che dalla data di scadenza dell’occupazione d’urgenza sia maturato il termine ventennale invocato dalla difesa comunale.

Il punto nodale della decisione risiede, tuttavia, nel caso di specie, nell’esistenza di atti interruttivi idonei a creare soluzione di continuità nel suddetto termine ventennale.

Su ciò si è appuntata la discussione orale delle parti in sede di pubblica udienza.

La tesi sostenuta dalla difesa delle parti ricorrenti può essere così riassunta:

– l’occupazione d’urgenza, inizialmente disposta per 5 anni è stata legislativamente prorogata di due anni in virtù delle norme contenute nelle LL. n. 385/80 e n. 42/85.

– Dunque, la scadenza dell’occupazione d’urgenza va individuata al 29.10.1986.

– Da tale data è iniziato a decorrere il termine ventennale.

– Esso è stato, tuttavia, interrotto da una nota del legale della dante causa degli odierni ricorrenti, datata 28.4.2006.

La replica all’eccezione di usucapione non può essere condivisa, pur essendone innegabile il pregio.

Va chiarito che con la nota in questione (depositata in allegato al controricorso del Comune), è stato richiesto al Comune il pagamento dell’indennità di esproprio o il risarcimento del danno in ipotesi di accessione invertita.

Non solo, dunque, tale nota non ha natura di atto processuale di instaurazione di un giudizio, ma neppure viene richiesta la restituzione del bene, al fine di porre fine al possesso del Comune.

La giurisprudenza è granitica nel richiedere, a fini interruttivi, la domanda giudiziale.

“In tema di possesso ad usucapione, con il rinvio fatto dall’art. 1165 c.c. all’art. 2943 c.c., la legge elenca tassativamente gli atti interruttivi, cosicché non è consentito attribuire efficacia interruttiva ad atti diversi da quelli stabiliti dalla norma da ultimo citata, per quanto con essi si sia inteso manifestare la volontà di conservare il diritto, giacché la tipicità dei modi di interruzione della prescrizione non ammette equipollenti; pertanto, non potendo riconoscersi efficacia interruttiva del possesso (oltre che ad atti che comportino, per il possessore, la perdita materiale del potere di fatto sulla cosa, ipotesi pacificamente non ricorrente nella specie) se non ad atti giudiziali diretti ad ottenere “ope iudicis” la privazione del possesso nei confronti del possessore usucapiente, deve escludersi “in radice” tale efficacia interruttiva ad altri atti come la diffida o la messa in mora o a quelli valorizzati dalla sentenza impugnata (ordinanze di sgombero, difese dell’Amministrazione in giudizi promossi avverso le relative ordinanze di sgombero), a nulla rilevando in senso contrario che essi provengano da una p.a.” (Cass. 12.9.2000 n. 12024; Cass. 21.5.2001 n. 6910; Cass. 1.4.2003 n. 4892; Cass. 11.6.2009 n.13625).

Sulla scorta di tali principi, non sussistendo altri atti idonei ad interrompere l’ultraventennale possesso continuato da parte della p.a., va accolta l’eccezione di usucapione e, pertanto respinta la richiesta restitutoria nonché quella risarcitoria formulata in via subordinata.

Dalla retroattività degli effetti dell’acquisto del diritto per usucapione, stabilita per garantire, alla scadenza del termine necessario, la piena realizzazione dell’interesse all’adeguamento della situazione di fatto a quella di diritto, deriva, inoltre, che se la p.a. occupa “sine titulo” un fondo privato e vi esegue un’opera pubblica, con l’acquisto a titolo originario del diritto di proprietà, cessa l’illiceità permanente e perciò si estingue non solo la tutela reale, ma anche quella obbligatoria per il risarcimento del danno provocato al proprietario del fondo per il ventennale possesso del diritto fino a usucapirlo, nonché il credito indennitario. Ne consegue che l’accertamento dell’avvenuta usucapione esclude il presupposto del risarcimento da illecito, retroagendo gli effetti della usucapione, quale acquisto del diritto reale a titolo originario, al momento dell’iniziale esercizio della relazione di fatto con il fondo altrui, togliendo “ab origine” il connotato di illiceità al comportamento di chi abbia usucapito. (T.A.R. Lecce, n.384 del 21.2.2013).

Per le ragioni appena esposte il ricorso va respinto.

Le spese possono essere integralmente compensate in ragione della novità della questione esaminata, nonché del comportamento processuale del comune.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese integralmente compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 23 gennaio 2014 con l’intervento dei magistrati:

Sergio Conti, Presidente

Desirèe Zonno, Primo Referendario, Estensore

Rosalba Giansante, Primo Referendario

Il 19/02/2014DEPOSITATA IN SEGRETERIA

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 25 Marzo 2014

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